E’ con grande stupore, misto a delusione, che questa Associazione, la più rappresentativa dei dirigenti di Polizia Penitenziaria, constata che, dopo 30 anni dalla intervenuta riforma istitutiva del Corpo di Polizia Penitenziaria, con la Legge 395 del 1990, ancora siano in uso diciture obsolete, purtroppo offensive e del tutto a-tecniche.
Quanto riportato attiene all’ espressione “guardie carcerarie”, usata ieri in molti articoli e servizi relativi alla vaccinazione in ambito carcerario.
Premesso che il rimodulato piano vaccinale ha esteso il vaccino anche alle forze dell’ordine e agli istituti penitenziari, segnaliamo, per onore di verità, che le guardie carcerarie non esistono.
Invero, negli istituti penitenziari saranno interessati dal nuovo piano vaccinale tutti gli operatori penitenziari (intendendosi oltre alla Polizia Penitenziaria, anche tutta la vasta pletora di figure che lavorano in carcere – direttori, educatori, volontari, cappellani etc.) e la popolazione ristretta.
Ora, la Polizia Penitenziaria, quarto Corpo di Polizia dello Stato, é compresa tra gli appartenenti alle forze dell’Ordine, mentre la “guardia carceraria” non solo non esiste, ma è un termine ormai usato, specie in ambito penitenziario, in chiave offensiva e denigratoria, al pari della parola “sbirro” per i cugini della Polizia di Stato.
Poiché siamo convinti che uno strumento di informazione serio debba usare una corretta terminologia e allo stesso tempo dissociarsi dall’uso di un linguaggio che possa favorire percezioni negative, lesive dell’immagine di uomini e donne che quotidianamente svolgono un lavoro molto complesso e molto rischioso, riteniamo utile, e ci auguriamo sia gradito, fornire tali chiarimenti.
Confidiamo che le presenti osservazioni vengano opportunamente condivise con le redazioni affinché analoghe situazioni incresciose non si verifichino per l’avvenire.