“È scoppiata una rivolta! L’ennesima! Come stanno i colleghi? Per fortuna nessun ferito.
Andiamo …ma non abbiamo gli scudi, gli elmetti, le dotazione, non abbiamo nulla! Non abbiamo neanche le regole! Andiamo lo stesso ….perché i colleghi non possono essere lasciati soli! E la Polizia Penitenziaria parte …con il coraggio dell’incoscienza e con la consapevolezza che comunque andrà la colpa sarà sempre della Polizia Penitenziaria, perché non ha previsto la rivolta, perché se fosse stata più attenta non sarebbe iniziata la rivolta, perché in uno contro cento avrebbe dovuto sedare gli animi con empatia, dialettica e capacità comunicativa… perché con maggiore autorevolezza avrebbe potuto far desistere i detenuti dai propositi oppositivi!” in una accorata teatralità a dichiararlo è Daniela Caputo, Segretario Nazionale dell’Associazione Nazionale Dirigenti e Funzionari di Polizia Penitenziaria.
“In definitiva la colpa sarà comunque della Polizia Penitenziaria, perché ha deciso di vestire la gloriosa uniforme del Corpo e ovviamente in questa ricerca delle colpe nessuno ha voglia di sviluppare le analisi del caso fino alle dovute, logiche conseguenze” denuncia Caputo.
“E infatti, premesso che l’accertamento sui fatti compete sul piano penale esclusivamente all’Autorità Giudiziaria e su quello amministrativo al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – terzi esclusi “ope legis” – occorrerebbe chiedersi chi sia a capo del Corpo e dunque chi davvero eserciti le funzioni di comando e le scelte strategiche in forza delle quali la Polizia Penitenziaria opera” afferma la leader dei dirigenti del Corpo.
“Ed allora, fatta la giusta domanda, si scoprirebbe che la Polizia Penitenziaria, unica Forza di Polizia italiana, è etero-diretta. A capo dei Reparti, con buona pace di tutti, non vi sono Dirigenti del Corpo, la cui funzione è limitata ai compiti previsti ex art. 31 D.P.R. 15 febbraio 1999 n°82, ma i Dirigenti Penitenziari che svolgono le funzioni di Direttore degli Istituti Penitenziari. Fatta la giusta domanda si scoprirebbe che, nel recente passato, quando il Ministro Bonafede pensò di modificare il rapporto di dipendenza gerarchica del Corpo dai Dirigenti Penitenziari si scatenò una bagarre senza precedenti che descrisse la Polizia Penitenziaria come composta da bruti acefali dediti alla violenza tenuti a freno dai Direttori, dipinti questi ultimi come i “garanti della tenuta democratica delle carceri” sostiene la leader dei dirigenti di Polizia Penitenziaria.
“Posto che se questo è il sentire istituzionale del Corpo di Polizia Penitenziaria, non si comprende come e perché il Corpo non sia stato ancora sciolto!” afferma con stupore misto ad amarezza il Segretario dell’associazione più rappresentativa dei dirigenti di Polizia Penitenziaria “essendo tuttora i Dirigenti Penitenziari i veri “comandanti” del Corpo non si comprende perché le colpe debbano ricadere sulla Polizia Penitenziaria e non su chi la comanda”.
“A Varese la rivolta per fortuna è rientrata, e speriamo che non si ripeta il tam tam di marzo quando alla chiusura di una rivolta seguiva, con singolare tempestività, l’inizio di un’altra, e si è chiusa anche grazie al supporto dato dalle altre Forze di Polizia, intervenute con Reparti addestrati e debitamente equipaggiati proprio perché comandati e diretti da propri Dirigenti – chiosa Caputo – e stranamente l’intervento in assetto da ordine pubblico delle altre FFOO non suscita lo stesso sgomento!”
“Come Dirigenti del Corpo ci stringiamo al Comandante di Varese e ai nostri colleghi, che per l’ennesima volta sono corsi ad affrontare i pericoli, e una volta in più chiediamo che la Polizia Penitenziaria possa essere addestrata, equipaggiata, impiegata e diretta da chi del Corpo fa parte, senza divenire il facile capro espiatorio di chi, dopo aver operato tutte le scelte, cerchi di sfuggire alle proprie responsabilità gestionali” denuncia la leader dei dirigenti di Polizia Penitenziaria.
Chi dirige, infatti, dovrebbe sapere quali sono le quotidiane difficoltà che devono essere affrontate. Chi dirige deve dare indicazioni precise e certe e non lanciare allo sbaraglio i propri dipendenti” lamenta Caputo.
Chi dirige ha l’obbligo etico, morale, deontologico e legale di dare direttive certe, precise e tipizzate, auspicabilmente raccolte in protocolli operativi conoscibili e conosciuti ex ante e non spiegati e commentati ex post” asserisce il Segretario Nazionale DirPolPen. “Noi siamo servitori dello Stato, al pari dei colleghi della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, e pretendiamo lo stesso rispetto e la stessa considerazione “ conclude Caputo.
“Come detto e ripetuto chi sbaglia paga, prova ne siano i procedimenti disciplinari e penali in materia attivati nella quasi totalità dei casi su segnalazione della stessa Polizia Penitenziaria e dei suoi Dirigenti, ma non accettiamo alcuna strumentalizzazione.
Fino a che la Polizia Penitenziaria sarà etero-diretta le responsabilità non possono e non devono ricadere su chi opera le scelte altrui